1000 anni di storia

Quella dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia è una storia lunga più di 900 anni: l’anno è il 1046 quando Enrico III scende in Italia per essere incoronato imperatore di Germania e fermandosi a Piacenza manda molti doni a Bonifacio, signore di Canossa e padre di Matilde per avere in cambio un bene prezioso, l’ Aceto Balsamico. L’incontro viene raccontato dal monaco benedettino Donizione nella sua “Vita Matildis”, allora residente nel monastero di San Apollonio di Canossa: “…E mandò a Bonifacio diverse sue cose nuove, perchè voleva di quell’aceto che gli era stato lodato e che si faceva nella rocca di Canossa. Il duca ordinò di fabbricare subito, in argento, una botticella…”. Questo è il primo documento storico sull’Aceto Balsamico, che troviamo apprezzato e custodito gelosamente nelle lontane corti nel nord Europa. Da allora, con l’avvento della stampa, che si sostituiva agli amanuensi e alla tradizione orale, ritroviamo sempre più spesso testimonianze della nobiltà e preziosità di questo prodotto. Anche Ludovico Ariosto lo cita nella terza satira a messer Annibale Malagucio, suo cugino ed amico: “… mi sa meglio una rapa ch’io cuoca et spargo poi di aceto e sapa…”. Nel corso di tutto il Rinascimento e nell’età barocca troviamo numerosi atti notarili o semplici elenchi per matrimoni e successioni in cui compare qualche botticella “d’accetto”, segno che era ritenuto un oggetto talmente prezioso da passare in eredità o come dote. Considerato salutare durante le grandi epidemie, veniva usato nella lotta ai miasmi e agli agenti infettanti: chi poteva permetterselo lo portava sempre con sé. Nel ‘700 era presente alla tavola di molte corti europee ed era apprezzato e descritto da molti personaggi illustri, come Mitterparker dell’università di Buda, che compila un testo per gli studenti di agraria in cui descrive un metodo per produrre l’aceto balsamico, o il reggiano Filippo Re, che spiega un metodo analogo, quello della tegola rovente, o ancora il conte Giorgio Gallesio, che racconta delle acetaie dei conti Salimbeni a Nonatola, indicandone le ricette usate. Sarà solo nell’800 con Pasteur che inizierà la conoscenza delle modificazioni biochimiche di questo prodotto. Questi studi proseguiranno a Bologna con maestri come Fausto Sestini, Ernesto Parisi e Mario Sacchetti.

“Pochi sono gli alimenti cui la vetustità dia virtù e pregio: il vino sano e robusto, il Parmigiano Reggiano e l’aceto balsamico”

Questa è una verità riconosciuta da tutti, ma mentre i primi due prodotti, raggiunto un certo grado di invecchiamento, sono soggetti al deperimento, l’aceto balsamico tradizionale se ben guidato continua a migliorare col trascorrere degli anni.

 

Proprio nel sottotetto, nella parte più dimenticata della casa, esposto al caldo torrido dell’estate e al freddo gelido dell’inverno emiliano, il succo dell’uva si trasforma in unsposalizio straordinario di profumi e sapori, un vero e proprio balsamo per il palato.
Quella dell’aceto balsamico tradizionale è una maturazione che inizia con una concentrazione a fuoco diretto, per continuare poi con l’evaporazione dovuta alle temperature estive: da un quintale di succo d’uva si possono ricavare, dopo almeno 12 anni d’invecchiamento, non più di 5 litri di aceto balsamico tradizionale.
Il rincalzo annuale dei barili di legni diversi, dal più grande al più piccolo, trasmette all’aceto le sue inconfondibili qualità organolettiche e l’evaporazione durante le lunghe estati gli dona la sua caratteristica densità.

L’aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia è un prezioso ingrediente in cucina: le qualità organolettiche lo collocano tra i prodotti gastronomici di altissimo pregio, come il caviale ed il tartufo.
Può essere impiegato per condire insalate, verdure cotte, ma anche scaglie di formaggio grana, frittate di verdure o frittelle di riso.
Si sposa perfettamente a carni rosse crude o semicotte come roast beef o tagliate di manzo, purché aggiunto appena prima della presentazione del piatto.
Anche sui cibi a lunga cottura l’aceto balsamico tradizionale va aggiunto poco prima di toglierli dal fuoco, in modo da insaporire la vivanda senza disperdere il suo straordinario aroma.

Certificazioni

Dal mese di Febbraio 2017 l’Acetaia Ferretti-Corradini è diventata socia del Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia, ottenendo la DOP come produttore di Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP nell’autunno 2016.

L’OCQ PR (Organismo Controllo Qualità Produzioni Regolamentate), in base al Regolamento (UE) n. 1151/2012 ed alla normativa vigente, è riconosciuto ed autorizzato in esclusiva dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) quale ente di controllo per la DOP Parmigiano Reggiano (Decreto Ministeriale del 13 ottobre 1998 e successive modifiche ed integrazioni).

Dal 7 giugno 2016 OCQ PR è stato riconosciuto ed autorizzato in esclusiva dal MIPAAF quale ente di controllo anche per la DOP “Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia” (Decreto n. 11283 del 7 giugno 2016).

Dopo una serie di incontri, sopralluoghi e verifiche ispettive, l’Acetaia Ferretti Corradini è stata inserita nella filiera produttiva dell’Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia D.O.P., un traguardo decisivo che colloca la nostra azienda tra importanti realtà enogastronomiche.